La Festa di Marta
9 Giugno 2018
l’Italia è piena di feste e sagre, alcune nate o resuscitate ad uso dei turisti, altre che pur avendo una forte valenza turistica sono radicate profondamente nella storia e nell’identità del paese in cui si svolgono. Il Palio di Siena fa parte di questa seconda categoria. Ci sono poi feste affascinanti, che al pari del Palio hanno una storia antichissima e che il turismo non frequenta o conosce poco: la Festa di Marta, un piccolo paese sulla sponda meridionale del lago di Bolsena è sicuramente una di queste.
Le prime notizie della Festa di Marta risalgono ai primi del 1500: in quel periodo però era già una consuetudine. La data ci fa capire che è una festa di primavera, propiziatoria per i raccolti e per la pesca: una mescolanza di elementi sacri e profani che ci riportano ai riti etruschi della fecondità e del ciclo delle stagioni e alle celebrazioni in onore delle dee Maia e Cerere, divinità della primavera, delle primizie, dei raccolti.
Il 14 maggio di ogni anno, qualunque sia il giorno della settimana, carri allegorici ricolmi dei prodotti della terra e di pesci del lago sfilano per le vie del paese sino al Santuario della Madonna del Monte, dove è custodita un’antica immagine della Madonna con il bambino, per invocare sui prossimi raccolti la benedizione del cielo.
La progettazione e la realizzazione dei carri occupa buona parte dell’anno, ed è affidata ai rappresentanti delle 4 corporazioni professionali:
I casenghi, vale a dire gli uomini di fiducia dei proprietari delle terre;
i bifolchi, cioè coloro che aravano la terra con l’aratro a chiodo trainato da buoi;
i villani, gli agricoltori veri e propri;
e i pescatori.
Per poter esporre tutti i prodotti della terra su cui invocare la protezione della Madonna del Monte (sui carri sfilano oltre ai prodotti di stagione, grappoli d’uva, e ulivi interi con le olive ancora attaccate ai rami) la gente di Marta ha imparato a ritardare la maturazione di frutta, verdura e cereali: una tecnica antichissima di cui ultimo custode è Franco Mario Calandrelli, detto “Franco de Guidozzo“, un affascinante signore di 87 anni maestro della pastorizia e maestro dell’arte della poesia in ottave, che ogni anno compone una poesia dedicata alla Madonna del Monte.
L’altro elemento che rende ancora più sorprendente e unica la festa si è inserito più tardi: nel 1704 c’è stata una contesa fra la popolazione e il vescovo Barbarigo che voleva negare alle vedove e agli orfani il diritto di spigolatura.
Ottant’anni prima della Rivoluzione Francese, la gente di Marta si è ribellata e ha invaso il presbiterio (lo spazio sacro riservato ai sacerdoti) del Santuario della Madonna del Monte, e per tre volte è passata davanti all’altare con animali e attrezzi da lavoro.
In sostanza, un gesto forte che scavalcava il ruolo dei sacerdoti, ponendo il fedele direttamente a contatto con la divinità, e per questo motivo negli anni seguenti “le Passate” furono proibite dall’autorità ecclesiastica. Solo nel 1775 il vescovo permise di riprendere tale consuetudine con modalità più consone al sacro luogo “ …si permettessero l’offerta dei ceri, vino, grano, pesci e denaro, ma non fossero lecite le grida e gli scherzi che pescatori, vignaroli e contadini si permettevano in chiesa con le donne”…
Da allora le Passate non si sono più interrotte.
Dopo aver prenotato (con molto anticipo come ci hanno consigliato) un B&B sulla via principale del paese, siamo arrivati a Marta il giorno prima della festa, una bella domenica di maggio. Ad aspettarci c’era Franca, bravissima fotografa e martana purosangue.
Grazie a lei, a sua sorella Anna Rita, a Carla e Sergio (martano acquisito) e ai loro gentilissimi concittadini siamo entrati nel cuore della festa che inizia all’alba del 14 maggio, quando per le strade del paese sfila una processione, preceduta da tamburini, diretta al santuario per la messa delle 6, rivolta ai i soli partecipanti alle “Passate”.
Intorno alle 8,30 tutti i partecipanti si radunano sul lungolago e mentre le campane della collegiata suonano a festa, il corteo sfila per le vie del paese per raggiungere la chiesa del monte.
Ai lati del corteo, assiepato sui balconi inghirlandati, sui marciapiedi, sulle porte dei negozi insomma dappertutto, c’è il paese quasi al completo: ci sono martani emigrati in altre parti d’Italia e anche all’estero, che tornano ogni anno in occasione della festa.
Per tutto il percorso, mentre dalle finestre piovono petali di rosa, si sente un continuo inneggiare: “Evviva Maria. Sia lodato il Santissimo Sacramento. Evviva la Madonna Santissima del Monte. Evviva Gesù e Maria” .
L’impressione per gli spettatori è bella e fortissima, a tratti quasi ipnotica e sopra tutto, sopra i colori, i gesti e i costumi, c’è l’emozione di assistere una festa che riunisce orgogliosamente un intero paese in tutte le sue generazioni: da bambini di pochi mesi ai loro nonni.
Uno spettacolo unico e imperdibile, da vivere intensamente come abbiamo fatto noi grazie al calore a e alla gentilezza degli abitanti di Marta.
Ovviamente essendo in Italia anche il lato enoganostronomico fa la sua, bellissima, parte:
Sono imperdibili le ciambelline di anice, che i “Signori” della festa distribuiscono ai “Passanti”, il pesce di lago (anguille comprese,) e la Cannaiola di Marta, un ottimo vino rosso simile all’aleatico , di produzione limitata proprio perchè coltivato in terreni quasi tutti all’interno del territorio .
amaro come ’l tufo che respira
dolce come ‘l core de ’na donna”
A pochi chilometri dal paese, abbiamo mangiato meravigliosamente al Caminetto Resort, un ristorante-albergo costruito su un’altura a 540 metri di altezza, che domina il lago come un transatlantico e offre ai suoi ospiti un panorama mozzafiato. La proprietaria, la signora Margherita, ha ristrutturato una albergo preesistente, puntando sull’eccellenza gastronomica, sulla cortesia e sulla posizione straordinaria.
Imperdibili (e non ce li siamo persi) la frittura di persico e il tiramisù.
Katia Martinez e Simone Frasca